I vitigni autoctoni pugliesi

La Puglia è una delle regioni italiane con la maggiore biodiversità vitivinicola grazie ai numerosi vitigni autoctoni che affondano le loro radici nella storia e nella cultura di questo splendido territorio. I vitigni autoctoni pugliesi sono davvero numerosi e rappresentano una parte importante della produzione vinicola regionale.

La sua posizione geografica e il clima mediterraneo hanno reso questa terra particolarmente adatta alla coltivazione della vite e alla produzione di vini di alta qualità. La storia dei vitigni autoctoni della Puglia risale a tempi antichi, quando i Greci e i Romani portarono in questo territorio proteso nel mare le loro conoscenze e le loro tecniche di coltivazione della vite. È soprattutto a partire dal medioevo che la viticoltura in Puglia conobbe un grande sviluppo, grazie all’arrivo dei monaci benedettini, che introdussero nuove varietà e migliorarono le tecniche di coltivazione e vinificazione.

Attualmente, sempre più produttori si concentrano sulla valorizzazione di quelle varietà di uva autoctone che conferiscono ai vini pugliesi un carattere distintivo e unico. In questa guida ci concentreremo sui principali vitigni autoctoni della Puglia, analizzando le loro caratteristiche e le loro peculiarità, per scoprire come hanno contribuito alla produzione di alcuni dei vini più famosi e apprezzati in Italia e nel mondo.

Primitivo

Il Primitivo è uno dei vitigni autoctoni a bacca rossa più conosciuti della Puglia, considerato uno dei più importanti e rappresentativi della regione. L’uva Primitivo è coltivata in tutta la Puglia, ma le zone di Manduria (Taranto) e di Gioia del Colle (Bari) sono i territori storicamente più legati a questa coltura e quelli in cui esprime il meglio di sé.

Il vitigno Primitivo cambia aspetto e personalità a seconda del terreno che lo accoglie, plasmandosi alle condizioni ambientali per esprimere tutto il suo potenziale. È una varietà difficile e delicata da coltivare, che non ama gli eccessi, ma in Puglia sembra trovare la sua patria, un terroir che ne esalta le qualità senza imporgli vincoli.

Primitivo, uva da vitigno autoctono per uno dei migliori vini della Puglia.

Produce vini rossi dal colore intenso e dai sentori di frutti neri come prugne, mora e lampone. Il Primitivo tende a produrre vini strutturati, vellutati, ricchi di tannini, alcolici, con un retrogusto speziato. Tra i vini prodotti da questo vitigno il più conosciuto è il “Primitivo di Manduria”, DOC dal 1974, prodotto nell’area di Manduria in provincia di Taranto.

Negroamaro

Il Negroamaro è uno dei vitigni autoctoni più famosi e rinomati di Puglia, proveniente principalmente dall’area salentina della regione, le cui origini rimangono oscure e non si hanno notizie certe sulla data esatta della sua primissima coltivazione.

Il Negroamaro ha una forte identità legata al territorio del Salento, soprattutto per la sua capacità di esprimere appieno il terroir in cui viene coltivato. È un vitigno rustico, abbastanza resistente alle avversità climatiche e agli attacchi parassitari. È perfettamente adatto alle condizioni pedoclimatiche della Puglia, anche se può risentire della siccità.

Grappoli di uva Negroamaro da cui si produce il Vino Negroamaro del Salento rosso e rosato.

I vini di Negroamaro hanno generalmente una buona struttura tannica ma anche morbidezza e rotondità, dal colore rosso rubino con sfumature violacee, tipico e riconoscibile aroma varietale con sentori di frutti di bosco, confettura di prugne, spezie ed erbe aromatiche mediterranee. Sono i vini più prestigiosi e longevi prodotti principalmente nella zona del Salento, come il Salice Salentino DOC o il Negroamaro di Terra d’Otranto DOC.

Nero di Troia

Il Nero di Troia, chiamato anche Uva di Troia o Uva di Canosa, è il terzo vitigno autoctono più rilevante della Puglia. È un vitigno a bacca nera che prospera soprattutto nelle zone centrali e settentrionali della regione, con grappoli di dimensioni medie, che produce un vino rosso di colore intenso, con profumi speziati e note di frutti di bosco, ciliegie e prugne.

Il Nero di Troia è un vitigno a maturazione tardiva, che richiede un clima caldo e secco per raggiungere la piena maturazione. Il terreno ideale per la sua coltivazione è quello calcareo, ma si adatta anche a terreni argillosi e sabbiosi.

Produce vini rossi dal colore rosso rubino brillante con sfumature purpuree e violacee, dal carattere mediterraneo deciso e strutturato, grazie alla elevata concentrazione polifenolica e ai tannini presenti. Gli aromi sono prevalentemente fruttati, maturando con l’età verso note speziate e balsamiche. Tra i vini più rinomati si può citare certamente il Castel del Monte Nero di Troia Riserva DOCG.

Meravigliosi grappoli di Uva di Troia della Puglia.

Malvasia Nera di Lecce e Brindisi

La Malvasia Nera di Lecce e Brindisi è un vitigno autoctono pugliese a bacca nera, appartenente alla vasta famiglia di vitigni del genere Malvasia, originari del borgo greco del Peloponneso Monemvasìa e diffusi ormai in tutto il Mediterraneo.

La Malvasia Nera è considerato uno dei vitigni simbolo del Salento e della Puglia, coltivato soprattutto nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto. Si tratta di un vitigno di medie dimensioni a maturazione tardiva, che richiede un clima caldo e secco per esprimere al meglio le sue caratteristiche organolettiche.

Il vino prodotto dalla Malvasia Nera di Lecce si presenta di colore rosso rubino intenso, con riflessi violacei. Al naso, emergono note di frutta rossa matura, spezie e tabacco, mentre al palato si distingue per la sua struttura corposa, acidità equilibrata e un tannino vellutato, con piacevole persistenza aromatica.

Grappoli di uva Malvasia Nera di Lecce e Brindisi, vitigno autoctono salentino.

Susumaniello

In molti ritengono che questa varietà provenga anticamente dalla Dalmazia, una regione che ha visto diverse migrazioni e commistioni. Oggi è profondamente radicato in Puglia, specialmente nella provincia di Brindisi e nel Salento, dove viene coltivato da moltissimo tempo.

Deve il nome alla notevole produttività dei primi anni di vita, quando i tralci fornitissimi “si caricano di grappoli come un somaro”, per poi declinare vistosamente negli anni a venire. L’uva di questa varietà presenta grappoli compatti, acini piccoli e semi grandi, proprietà che sembrano favorire un lento e graduale rilascio dei tannini, senza quell’amaro tipico di altri vitigni.

I vini da Susumaniello si distinguono per il colore rubino brillante, una struttura ben equilibrata tra acidità e tannini, aromi varietali marcati con sentori di piccoli frutti rossi come mirtilli, ribes e lamponi. Con l’età compaiono anche note speziate.

Bombino Nero

È una varietà autoctona pugliese a bacca rossa, coltivata quasi esclusivamente in questa regione da molto tempo, certamente prima della pubblicazione del bollettino ampelografico del 1875. Il suo nome potrebbe derivare dalle sue caratteristiche di costanza produttiva e buona resa in mosto, fatto che lo ha reso un “buon vino” per i coltivatori locali, anche se l’origine precisa resta incerta.

Il Bombino Nero si distingue per i suoi acini di colore blu scuro con buccia sottile. La maturazione è tardiva e incompleta all’interno dei grappoli, che contengono molti acini non pigmentati, con alta acidità e poco zuccherini. Questa sua natura lo rende adatto per la produzione di ottimi vini rosé. Questo vitigno è coltivato soprattutto nella parte settentrionale della Puglia e dal 2011 ha ottenuto la DOCG Castel del Monte Bombino Nero.

Verdeca

Il vitigno Verdeca è una tipica varietà autoctona della Puglia, un vitigno a bacca bianca tradizionalmente utilizzato per la produzione di vini bianchi secchi e freschi, che spesso vengono utilizzati come vini da tavola per accompagnare i piatti della cucina locale.

Il suo nome deriva dal caratteristico colore verde dei suoi grappoli e produce uve di forma allungata e di media-piccola pezzatura. Viene coltivata in particolare nella Valle d’Itria, nel cuore delle province di Bari, Brindisi e Taranto, dove solitamente fa compagnia al vitigno Bianco d’Alessano.

Uve del vitigno Verdeca, da cui si producono ottimi vini bianchi pugliesi.

I vini prodotti con il vitigno Verdeca sono caratterizzati da un colore giallo paglierino intenso, con riflessi verdognoli. Sono generalmente caratterizzati da una buona acidità, una piacevole freschezza e una discreta complessità aromatica. Al naso presentano un bouquet di fiori bianchi e agrumi, spesso sentori erbacei. La giusta freschezza acida rende questi vini beverini ed è utilizzato sia per la produzione di vini bianchi secchi che per quella di spumanti.

Bianco d’Alessano

Le origini di questo vitigno a bacca bianca sono incerte ma probabilmente è sempre stato coltivato insieme ad altri vitigni, come il Verdeca, nella Valle d’Itria, in cui rappresenta il cuore delle vecchie DOC come Locorotondo o Martina Franca. L’uva presenta grappoli con acini gialli distribuiti in modo uniforme. La maturazione è mediamente tardiva nonostante una fioritura relativamente precoce.

Non è aromatico e ha un sapore neutro, per questo raramente viene vinificato da solo ma è usato per creare vini freschi e gradevoli, anche se non particolarmente longevi.

Bombino Bianco

Il Bombino bianco è ampiamente coltivato nella provincia di Foggia, in particolare negli antichi vigneti intorno a San Severo, dove copre una vasta area vitivinicola, ma anche sul Gargano e nella zona di Lucera. Probabilmente ha origini spagnole, ma è presente in Italia da tempo immemore.

Il Bombino bianco si adatta alla perfezione sia alla spumantizzazione con metodo classico, grazie all’acidità e alla sapidità delle sue uve, sia alla produzione di vini bianchi secchi e freschi. Fa parte integrante delle denominazioni di origine controllata Castel del Monte e San Severo, ma lo troviamo anche nella DOC Cacc’e Mmitte di Lucera dove, insieme al vitigno Nero di Troia, viene usato per dare vita a pregevoli rossi corposi e ricchi di personalità.

Minutolo

Si tratta di un vitigno aromatico a bacca bianca coltivato in Puglia fin dal 1200. Per molto tempo si è pensato fosse una sotto varietà del Fiano, per questo era comunemente chiamato Fiano Minutolo dai coltivatori pugliesi. Come altri vitigni autoctoni di modesta produttività caratterizzati da grappoli di piccole dimensioni, anche il Minutolo era in declino fino agli anni 2000. Allora alcuni produttori e enologi visionari della Valle d’Itria, area di maggior diffusione del vitigno, avviarono un attento processo di selezione del materiale genetico migliore ancora esistente.

Gli studi compiuti nel 2001 chiarirono una volta per tutte le origini del Minutolo, dimostrando la sua effettiva distanza genetica dal Fiano ed evidenziando forti legami con il Moscato. Per evitare confusioni, venne ufficialmente adottato il nome Minutolo.

Oggi il Minutolo è vinificato sempre più spesso in purezza per produrre vini bianchi secchi e aromatici o spumanti di grande personalità. Il successo ottenuto è dimostrato dalla costante crescita delle superfici coltivate.

Malvasia Bianca

La Malvasia Bianca è un’altra delle diciotto varietà di Malvasia iscritte al Registro nazionle italiano, insieme a quella Nera di Lecce e Brindisi, che si identificano tipicamente con la Puglia. Questa uva presenta grappoli di medie dimensioni, compatti e di forma piramidale-conica, con acini grandi di colore giallo tendente al verde e con una buccia spessa.

La Malvasia Bianca matura mediamente prima degli altri vitigni ed è abbastanza resistente alle principali malattie fungine e alle avversità climatiche. È coltivata in tutta la Puglia ed è ammessa nei disciplinari di diverse Doc come San Severo, Locorotondo, Martina Franca e Lizzano. Grazie alle sue doti contribuisce a regalare ai vini un bouquet aromatico ed elegante.

Ottavianello

Le origini del vitigno Ottavianello risalgono probabilmente alla zona di Ottaviano, nei pressi di Napoli. Stando alle ricostruzioni storiche, nella seconda metà del 1800 il marchese di Bugnano di San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi, lo portò dalla Campania, facendone conoscere le potenzialità e diffondendolo in queste terre. In Francia è conosciuto con il nome di Cinsaut.

I grappoli di Ottavianello sono di dimensioni medie con una forma piramidale allungata e con acini piuttosto stretti e semplici. Gli acini hanno una buccia violetta, pruinosa e delicata. Oggi l’Ottavianello ha un forte legame con il territorio della provincia di Brindisi, dove rappresenta uno dei vitigni principali della DOC Ostuni, purtroppo poco conosciuta e diffusa, oltre ad essere menzionato nei disciplinari di numerose DOC salentine, risultando ideale per blend con vitigni come il Negroamaro e il Primitivo.

Notardomenico

Il Notardomenico condivide da secoli le vigne della provincia di Brindisi proprio con gli altri vitigni storici come il Susumaniello e l’Ottavianello, oltre al Negroamaro e alla Malvasia Nera. A differenza di questi però, che hanno trovato identità propria dando vita a vini monovarietali, il Notardomenico è sempre stato vinificato solo insieme ad altre uve, come una preziosa “spalla” per esaltare le altre varietà. Alcune cantine stanno sperimentando la produzione di vini solo con quest’uva, dimostrando il suo ottimo potenziale enologico.

Il Notardomenico è un vitigno poco coltivato che presenta degli acini dal bel colore rosso scuro tendente al violetto. In alcuni comuni della provincia di Brindisi, le uve di questa varietà vengono utilizzate in maniera significativa per la produzione di vini rosati di qualità, grazie al loro contributo in termini di eleganza e intensità cromatica.

Francavidda

Il Francavidda è un vitigno autoctono non molto comune, probabilmente a causa della sua spiccata delicatezza ambientale. Predomina nella provincia di Brindisi, area da cui sembra aver origine e si intuisce già dal suo nome, quello dialettale con cui ci si riferisce al comune di Francavilla Fontana. I suoi grappoli sono di medie dimensioni, semplici e abbastanza compatti, con uve di colore verde-biancastro, la cui superficie è ricoperta della tipica sostanza naturale cerosa detta pruina.

Impigno

L’Impigno è un vitigno a bacca bianca dalle origini oscure, probabilmente importato nella zona di Ostuni all’inizio del ‘900 da un agricoltore con questo soprannome. I suoi grappoli sono di media grandezza, semplici o alati e poco compatti. Le uve dalla buccia sottile hanno un particolare colore verde ambrato.

L’Impigno è rustico e apprezza il clima, mostrando una buona resistenza alle gelate. Lo si trova spesso nei vigneti di Ostuni e della Valle d’Itria, accostato ad altre varietà bianche come il Bianco d’Alessano, il Verdeca e il Francavidda. Da solo o in blend, regala vini che raccontano l’anima autentica della terra da cui proviene.

Pampanuto

Le origini del Pampanuto sono piuttosto oscure nonostante si tratti di un antico autoctono pugliese coltivato da secoli, in particolare nei vigneti attorno a Castel del Monte, come attestano gli scritti ampelografici ottocenteschi. Si tratta di un vitigno vigoroso e produttivo, che resiste bene alle intemperie e alle malattie.

I suoi pampini si arrampicano sui pergolati come serpentine medievali, ricoprendo il suolo di grappoli d’uva generosi e fruttati. Le sue uve, di medie dimensioni, tondeggianti e compatte, hanno un colore verde dalle sfumature dorate, che ricorda i panorami collinari pugliesi.

Le uve di Pampanuto sono spesso unite nelle botti a quelle del Bombino bianco perché si completano a vicenda, creando un ottimo equilibrio di acidità e dotazione zuccherina. Oggi, da sole o in compagnia di altre bianche autoctone, le uve dorate del Pampanuto raccontano ancora la genuinità del vino pugliese, capace come pochi altri di scaldare il cuore e ritemprare lo spirito.

Maresco

Il Maresco è un antico vitigno a bacca bianca da sempre presente timidamente nei vigneti della Valle d’Itria, storicamente conosciuto come Maruggio. Il suo nome attuale è frutto di un concorso di idee tra i ricercatori che lo hanno salvato dall’oblio. Nel 2008 è stato (ri)trovato a vivere tra le anonime viti di produzione e da lì sono iniziati gli esperimenti per far fiorire il suo potenziale nascosto.

Il vino di Maresco si presenta giallo paglierino con riflessi dorati, con una complessità aromatica ricca di frutti e fiori. Grazie alla freschezza e alla personalità, questa varietà regala bianchi da uvaggio o in purezza, ma anche spumanti vibranti di vita nuova, capaci di raccontare le storie antiche dei vignaioli della Puglia centrale. La modifica del disciplinare IGP Valle d’Itria consente, a partire dal 2017, di riportare in etichetta il nome di questo vitigno.

Altri vitigni coltivati in Puglia

In Puglia, in aggiunta ai vitigni autoctoni, si trovano numerosi altri vitigni popolari come il Montepulciano, il Trebbiano, il Sangiovese, l’Aglianico e l’Aleatico. Tra le varietà internazionali, il Merlot e il Cabernet Sauvignon sono tra le più coltivate, utilizzate come uve complementari e mai in purezza.

Anche uve a bacca bianca come il Fiano, il Moscato bianco e lo Chardonnay sono di notevole importanza nella regione pugliese. Proprio quest’ultimo, nonostante non sia una presenza storica della zona, è uno dei vitigni più ampiamente coltivati e diffusi, con cui si producono ottimi bianchi anche monovarietali.

Aleatico

Si tratta di uno dei più antichi vitigni d’Italia, probabilmente di origine greca e diffusosi in gran parte della nostra penisola, in particolare in Puglia, Toscana e Lazio. Matura relativamente presto ed è abbastanza resistente alla siccità. Presenta grappoli di dimensioni medie, allungati, con un’ala, da compatti a leggermente sparsi.

Questa specifica varietà è talmente legata alla Puglia che nel lontano 1973 si decise di riconoscerla ufficialmente con la DOC Aleatico di Puglia. Tutta la regione della Puglia rientra in quella che è stata considerata l’area ideale dove far maturare le uve di questo profumato vino dolce e corposo, con un posto particolare anche in diverse tipologie di DOC Salice Salentino Aleatico e Gioia del Colle Aleatico.

Aglianico

L’Aglianico vanta radici antichissime nell’Italia meridionale, arrivando sulle coste campane probabilmente intorno all’VIII secolo a.C. e da qui la sua diffusione fu rapida nelle regioni limitrofe. Risale al 1520 il primo documento che menziona l’Aglianico, attestandone la coltivazione nei vigneti del Conte di Conversano, in provincia di Bari.

Ancora oggi la Puglia, soprattutto lungo i confini con la Basilicata, è una delle zone dove questo vitigno trova terreni ideali, come dimostra il suo ruolo chiave nella prestigiosa DOC Castel del Monte.

Montepulciano

Il Montepulciano ha messo radici salde in Puglia sicuramente già dalla fine del Settecento, diffondendosi principalmente nella parte settentrionale della regione e in particolare nell’attuale provincia di Foggia. Alcune fonti storiche risalenti a quel periodo, descrivendo le produzioni agricole del Regno di Napoli, citano esplicitamente la coltivazione del Montepulciano proprio nell’area che oggi corrisponde alla provincia dauna.

Il Montepulciano rappresenta uno dei pilastri dell’enologia pugliese, essendo parte integrante di diverse importanti denominazioni dell’intera regione. Da sempre compagno fedele del Nero di Troia, condivide con questo vitigno autoctono i filari nelle DOC San Severo e Castel del Monte, per complesse sfumature aromatiche dagli accostamenti sorprendenti. Nelle DOC Brindisi e Copertino, il Montepulciano si unisce al Negroamaro, storico emblema vitivinicolo della Puglia, in cui la struttura e la fruttuosità di questa varietà internazionale rendono unici i vini che ne derivano.

Nuovi vitigni autoctoni pugliesi

La lista dei vitigni autoctoni pugliesi si arricchisce di altre sette varietà storicamente coltivate nella regione, dai vigneti del Gargano a quelli del Salento: si tratta del Moscato bianco b., del Montepulciano n., del Trebbiano toscano b., del Carrieri b., della Cigliola bianca b., della Santa Teresa b. e dell’Uva Della Scala.

Ora si aggiungono ai tanti vitigni pugliesi già censiti con le loro bacche nere e bianche, che da secoli impreziosiscono i vini della regione con sfumature uniche, un patrimonio ampelografico inestimabile che arricchisce il panorama enologico nazionale. Vediamo alcune varietà più nel dettaglio.

Cigliola Bianca

La Cigliola Bianca, riscoperta recentemente nel Salento, in realtà è presente in tutta la Puglia sotto diverse denominazioni: viene chiamata uva attina in Valle d’Itria e uva di San Pietro in provincia di Brindisi.

Dalle sue uve si ottiene un vino paglierino dal colore luminoso, con intense note floreali di rosa e violetta e sentori erbacei di erba fresca, fieno e mandorla dolce, oltre a piacevoli sfumature fruttate di albicocca e pesca. Un vino dal carattere delicato e minerale, che ben si accompagna ai piatti di pesce esaltandone le sapidità con la sua freschezza e leggerezza.

Santa Teresa

La varietà Santa Teresa, vitigno rinvenuto in provincia di Taranto, un tempo cresceva modellata ad alberello e controspalliera, accompagnando i coltivatori tarantini tra i vigneti insieme al Primitivo. È spesso accostata ai vitigni delle DOC Martina Franca e Locorotondo. Il vino ottenuto da queste uve è di colore giallo paglierino, con una buona complessità aromatica dovuta principalmente a note fermentative. Al palato si presenta equilibrato, con una piacevole armonia tra freschezza acida e piena rotondità.

Carrieri

Il vitigno Carrieri, conosciuto anche come Palumma nel Foggiano, produce grappoli di medie-grandi dimensioni dalla forma cilindro-conica, con acini ellittici medi e consistenti dalla buccia lievemente pruinosa di colore giallo paglierino. Il vino che se ne ottiene è di un limpido giallo dorato dall’intensa brillantezza, con una discreta gamma aromatica dominata da note floreali ed erbacee, sentori di fiori bianchi come il gelsomino, erbe aromatiche come la salvia e il rosmarino che emanano tutto il loro profumo sotto i primi caldi raggi di sole.